La Pieve di Concesio
La Pieve di Concesio, dedicata alla Vergine Assunta e solo tardivamente a S. Antonino martire di Piacenza, abbracciava un rilevante territorio: da Cogozzo, confinante con Sarezzo, contiguo alla Valtrompia centrale, alla cosiddetta Cà d’Esem ovvero Stocchetta, posta a sud nei pressi di Brescia (1). Data la sua vicinanza alla città, è probabile che questa pieve sia stata canonicamente fondata intorno al secolo IX, con ogni verosimiglianza in un luogo di culto preesistente, trasformando un vecchiooratorium, come avvenne per quelli che “erano sorti un po’ ovunque prima sotto la spinta delle persecuzioni e dopo la pace di Costantino”, divenuti “vere e proprie chiese battesimali, fornite anche di cimitero e di beni propri”.
Il 19 agosto 1540 la parrocchiale di S. Antonino venne consacrata da mons. Gerolamo “Vascherio”, ausiliario del vescovo di Brescia card. Francesco Cornaro; la solenne cerimonia evidentemente seguì la ricostruzione o la trasformazione del sacro tempio plebano, visitato il 28 agosto 1567 dal grande vescovo riformatore mons. Domenico Bollani. Per incarico del vescovo Bollani, la successiva visita venne compiuta il 29 agosto 1573 dal rev. Cristoforo Pilati che ordinò di procurare nella chiesa plebana un nuovo battistero con ciborio e di ornare oppure distruggere l’altare dello Spirito Santo; la prima disposizione venne eseguita; per la seconda si preferì l’eliminazione dell’altare laterale. Di notevole rilevanza è l’annotazione secondo la quale il Comune di Concesio ogni anno per la chiesa plebana si sobbarcava l’onere maggiore (pari a circa due terzi delle spese) per il cero pasquale, la cera, l’incenso, le corde delle campane e la manutenzione della “fabbrica” del sacro tempio, mentre un terzo era a carico dei cittadini rurali.
Dagli atti della visita compiuta il 23 marzo 1580 da mons. Vincenzo Antonini, mandato dal visitatore apostolico cardinal Carlo Borromeo, si dichiara che la parrocchiale di S. Antonino, rivolta ad oriente, era antica, ornata abbastanza decentemente e dotata di cinque altari, con campanile, cimitero posto sul lato sinistro rispetto all’ingresso della chiesa, canonica sufficientemente ampia e decente. Il 16 ottobre 1634 il vescovo di Brescia mons. Vincenzo Giustiniani venne accolto in Concesio da don Domenico Ruffi, arciprete dal primo marzo 1631, e dal popolo festante, in occasione della visita pastorale, nella quale il presule ordinò di far dipingere il “Battesimo di Gesù” nella cappella del battistero.
All’arciprete Coradelli si deve la benemerenza di aver dotato la parrocchiale di un organo il 31 gennaio 1650. Nel 1674, anno della seconda visita del vescovo Zorzi, il presule impose all’arciprete di trovare un altro maestro di scuola ed esortò i reggenti del Comune ad ingrandire la sagrestia, che era troppo angusta; un inventario del 4 marzo 1680 cita la “sacristia nuova” della parrocchiale, testimonianza dell’avvenuta esecuzione del decreto vescovile. L’architrave della porta laterale collocata sul lato della chiesa plebana reca incisa la data del 1681, indicante la collocazione di una “porta in pietra” più spaziosa, quando era arciprete don Mattia “Murasco”.
Nel 1727 Giovan Battista Marchetti, capomastro e poi architetto del duomo nuovo di Brescia, venne pagato per la costruzione della cappella del SS. Sacramento. Secondo Sandro Guerrini, “questa cappella, insieme alle due laterali, fa parte dell’ultimo ampliamento della parrocchiale di Concesio”; le due altre cappelle sono adiacenti a quella del Santissimo, dedicate rispettivamente a S. Carlo e a S. Caterina d’Alessandria, che sarebbe stata costruita dal Marchetti nel 1727-1730 insieme al presbiterio e alla facciata. Nel 1733 Daniele Olmi scolpì a Brescia lo splendido Cristo spirante.
Carlo Sabatti
Sant’Antonino Martire
Basilica Minore
La facciata della chiesa, si articola in due ordini dei quali il primo è tuscanico ed il secondo doveva essere probabilmente corinzio, ma la decorazione in stucco non venne eseguita. Per il suo gusto, per la severità e la semplicità, la facciata è attribuita al Marchetti. La porta principale è rimasta incompiuta ed ora sul semplicissimo architrave si legge la scritta: “D.O.M. ET D.vo ANTONINO M.I.”. La cornice della grande finestra centrale è invece originale. L’architrave della porta del lato meridionale reca la seguente iscrizione: “D.O.M. 1681 DOMVM DEI DECET SANCTITUDO RESTAURATA 1862”.
Portandoci all’interno, sul lato sinistro, incontriamo il primo altare che è oggi dedicato al SS. Crocifisso. Entro una cornice troviamo un maestoso “Cristo spirante”, opera stupenda di Daniele Olmi datata 30 marzo 1733. Sotto è collocato l’altare, pregevole opera lignea anch’essa del ‘700, che simula un vero e proprio altare in marmo; è dotato di un bel paliotto in legno intagliato e, al centro in un vistoso dipinto, troviamo l’immagine di S. Lorenzo, diacono, che tiene in mano la graticola, simbolo del suo martirio.
Nel presbiterio campeggia il monumentale altar maggiore dalle linee architettoniche semplici, ma imponenti. La datazione di questo lavoro ci è ricordata dall’epigrafe posta dietro il tabernacolo: “MDCCL ARA EXTRUCTA EXPENSIS Q. D.ni SALVATORIS ROVETTA CONCESY”. Il disegno dovrebbe essere del Corbellini o del Carboni. Sopra l’altare sono sei alti candelieri il lamina d’argento (usati nelle feste) lavorato a sbalzo, usciti con ogni probabilità dalla bottega del Filiberti, sul piede presentano la scritta “ANNO / DNI / MDCCLVIII BRESIA” (due candelieri recano la variante BRESCIA).
La pala dell’altare maggiore rappresenta il martirio di S. Antonino, è stata recentemente restaurata. Il dipinto dai recenti studi effettuati, viene attribuita al pittore bolognese Giovanni Gioseffo Dal Sol, databile tra la fine del 1600 e gli inizi del 1700. (1681?) Ai lati del quadro vennero scoperte nel novembre 1962 le figure delle due virtù, affrescate dallo Scalvini. Il presbiterio è stato decorato nel 1908. Nella vela del presbiterio tra l’agosto e il dicembre 1962 il pittore Vittorio Trainini raffigurava S. Antonino in gloria coprendo i peducci della vela, e altri d’affreschi dipinti dallo Scalvini. Sempre lo stesso Trainini provvedeva nel 1963 alla decorazione di tutta la chiesa con motivi ornamentali a colori freddi.
Sopra la porta d’ingresso della sacrestia, è collocata una splendida tela cinquecentesca raffigurante S. Lucia. Nel retro vi sono delle iniziali: F.T.B.B.F. 1614, da queste, alcuni critici, sono risaliti al pittore Tommaso Bona (fece Tommaso Bona bene facendo – o ben fatto) .
L’altare successivo, nella navata di destra, è dedicato a S. Carlo Borromeo ed ha una bella pala della fine del ‘600, circondata da una cinquecentesca cornice lignea dorata che presenta sulla sommità la scritta: “HOC OPVS F.F. CONGREGA MDCCXVIII”.
Fonte battesimale
” Ecco, mi piacerebbe, terminando, d’essere nella luce “
A questo anelito di Giovan Battista Montini fa eco la cappella che, nella luce, invita a lasciarsi guidare dalla Luce.
La realizzazione dell’opera è stata affidata a Gabriella Furlani, nata a Maracay (Venezuela) e residente a Prato, vincitrice del concorso; di Francesco Landucci di Firenze è la vetrata.
La cappella è stata completamente ristrutturata e ripensata seguendo un’idea di bellezza e linguaggi estremamente attuali, ma anche riprendendo importanti e antiche simbologie cristiane che rimandano alla radice del Sacramento battesimale e alla venerata figura di Sua Santità, il beato Papa Paolo VI, che a questo fonte, riportato alle forme originali, venne battezzato il 30 settembre del 1897.
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Qui la presenza dell’acqua simbolica e purificatrice, ottenuta a bassorilievo in grassello e lamina d’argento e circondata da terra proveniente dalla casa natale del pontefice, da Roma e dalla Terra Santa, è coperta da un ottagono di cristallo che sostiene e corona il fonte. Per il pavimento, che incorpora lo stemma papale, è stato scelto lo stesso tipo di travertino utilizzato per la lastra tombale di Paolo VI, oggi collocata nella cappella laterale, ricongiungendo simbolicamente i momenti estremi della sua esistenza terrena.
La parete di destra, lavorata interamente con punta d’argento e pigmenti naturali su marmorino e grassello, suggerisce un volo d’ali di angeli su una culla. Questa scelta fa riferimento ad una singolare coincidenza che Paolo VI amava sottolineare: S. Teresa di Lisieux, Dottore della Chiesa, al momento della morte pregava il Signore di concederle la possibilità di volare sulle culle dei bambini battezzati quel giorno. La Santa moriva il 30 settembre 1897, lo stesso giorno in cui Giovan Battista Montini veniva battezzato.
A sinistra, nella scultura di cristallo di Francesco Landucci che funge da vetrata, filtrando e dando forma alla luce naturale, il serpente riporta al male originale che solo il Battesimo “con lo Spirito Santo e con il fuoco” ha sconfitto. Una goccia di cristallo scende dal serpente, lacrima di sofferenza per il peccato nel mondo. Le spire del serpente ritornano nella base del cero pasquale, anch’esso decorato in cristallo secondo l’antica simbologia della tradizione cristiana.
All’ingresso della cappella battesimale è stata collocata una splendida icona devozionale scritta e donata dall’iconografo bresciano Carlo Richiedei.
La Cappella del Santo Paolo VI
Accanto al fonte battesimale è stata realizzata, dopo la beatificazione di Papa Paolo VI, una cappella a lui dedicata.
La grande pala posta sopra l’altare e le altre tele che ricordano tre momenti fondamentali dell’apostolato del Pontefice concesiano (l’abbraccio ad Atenagora I nel 1964 e la visita all’ONU nel 1965 e l’incontro con S. Madre Teresa di Calcutta), sono opera dell’artista di Luciano Perolini, di Crema.
Nelle teche laterali all’altare sono poste due talari indossate da Montini: papale ed episcopale. Nelle teche collocate alla sinistra dell’altare, vi sono oggetti donati alla Parrocchia e al Comune di Concesio: la mitra e lo zucchetto usato nel suo viaggio in Terra Santa, un busto in bronzo di E. Manfrini, una croce proveniente da Gerusalemme, l’atto fotostatico del battesimo sormontato da uno splendido Crocifisso ligneo del Seicento, un calice e una patena (dono dei Padri Sinodali), due pissidi usate dal Papa, un servizio battesimale, la copia della cazzuola e del martello, dell’artista A. Tot, usati nell’Anno Santo del 1975 per aprire la porta santa.
Davanti all’altare la lastra tombale del Pontefice precedentemente collocata nelle grotte vaticane, dono di Sua Santità Papa Francesco.