Chiesa di San Rocco

Le origini di questo oratorio dedicato al popolare santo “pellegrino francese invocato contro la peste e qualsiasi altro morbo epidemico” si possono ragionevolmente fissare alla fine del XV sec. dopo la pestilenza terribile, scoppiata a Brescia nel luglio del 1478 e cessata soltanto ai primi di settembre 1479. Era un piccolo oratorio collocato al centro di un minuscolo borgo antico ai piedi del monte verdura, proprio all’imbocco della valle Trompia.

Le più antiche notizie sull’oratorio finora reperite, sono contenute negli atti della visita pastorale compiuta dal Vescovo di Brescia Domenico Bollani il 28 agosto 1567. Il Vescovo ordinava alcuni lavori urgenti: “fare la pavimentazione, aprire una finestra più grande, ricoprire il condotto dell’acqua che passava all’interno, si dipinga una croce di legno e si facciano i battenti alla porta, dotandola di serratura”.

Il 23 marzo 1580 nella visita del rev. Vincenzo Antonini troviamo accostato il nome dell’oratorio a quello dei conti Lodron, cioè Girolamo, proprietari e benefattori. In questo periodo l’oratorio, pur non essendo ancora consacrato, ha però già l’altare. Due anni dopo, il 20 giugno 1582, il Vescovo Giovanni Dolfin offre una descrizione più particolareggiata dell’oratorio, dopo la sua visita, rendendo noto che essa è costruita verso “mane”, cioè verso est. E’ lungo diciotto passi circa e dieci di larghezza, cioè più di ventisei metri e mezzo e quasi quindici metri. Non è ancora consacrato. Ha un unico altare con copertura a volta e il resto è ricoperto da laterizi ed è anche scrostato in alcune parti. Ha delle vecchie pitture nel coro. Il pavimento (nonostante le precedenti disposizioni) non c’è ancora. Ha due porte: una opposta all’altare maggiore e l’altra, più piccola, nella parte settentrionale. Ha una nuova sagrestia, ma non del tutto ultimata. L’altare poi è privo di ornamenti ed ha una copertura di assi non dipinta. Possiede dei candelabri d’ottone e una croce lignea ed ha le suppellettili strettamente necessarie per la celebrazione. Nonha redditi. Possiede un campaniletto con campanella, un’acquasantiera (ancora visibile).

Nel testamento rogato il 9 maggio 1599 e aperto il 12 marzo 1607, la contessa Elenadi Lodron dispone che il figlio Girolamo, suo erede, “faccia regolare la chiesa di S. Rocco (…) con serrare il coro” e che “faccia un’ancona, in termine di anni cinque continui prossimi futuri et vi faccia celebrare perpetuamente una messa (…)”. E’ senz’altro da cedere che il conte Girolamo abbia provveduto all’esecuzione puntuale dei legati pii della madre; l’ancona, opera nobilissima di Palma il Giovane, il quale volle apporre la sua firma, è un dipinto ad olio, racchiuso dal1638 in una fastosa soasa lignea dorata, che tuttora spicca al centro del coro della nuova chiesa dedicata al protettore degli appestati.

 Il 1735 sembrò segnare una data significativa nella storia della chiesa di s. Rocco. Venne edificato un nuovo altare, secondo le norme prescritte, dedicato al SS. Crocifisso, voluto da Vincenzo Buccelleni, figlio del nobile conte Silvio “per mera sua devotione”.

 Nel 1928 per iniziativa del curato don Giacomo Motta e per “la generosità del suo popolo”, a lato dello stesso oratorio, venne costruita una chiesa più grande e adatta ad accogliere la numerosa popolazione che abitava il borgo di Concesio. Una lastra marmorea, murata nella parete sinistra della navata della nuova chiesa di s. Rocco, reca la seguente iscrizione:
“Questo tempio fu eretto nell’anno 1928 per lo zelo del Rev. Curato D. Giacomo Motta e la generosità del suo popolo”

La nuova chiesa, edificata nelle adiacenze dell’antica, pure dedicata a s. Rocco, nel 1929 è stata decorata da Vittorio Trainini; una citazione meritano le stazioni della Via Crucis, dipinte sulle pareti della navata e della facciata interna. Una menzione merita l’ottava stazione poiché reca i nomi degli illustri offerenti: Giorgio Montini, la moglie Giuditta Alghisie i figli Ludovico, don Battista (Paolo VI) e Francesco.

 

Chiesa di San Giuseppe

Nell’Anno Santo 1950 cessò l’attività del pastificio Ghidinelli collocato proprio nel cuore di via Sangervasio. Don Luigi Bosio lo acquistò immediatamente con l’intento di costruirvi dentro una chiesina per la frazione. Nel “Bollettino parrocchiale”, del febbraio 1951, vi leggiamo una nota scritta dal Parroco che comunicava come due anni dopo aver acquistato il fabbricato, si stavano ultimando i lavori di restauro per rendere tale luogo un piccolo tempio sacro: “La nuova chiesa di Campagnola è quasi pronta, è riuscita devota e accogliente. A giorni arriverà non la macchina del cinema, come blateravano i poveri… compagni, ma l’altare bellissimo, il confessionale e i banchi, quasi donati da un convento di buone Suore in Brescia. Presto fisseremo la data della sua inaugurazione e sarà grande la gioia di quei buoni fedeli nell’accogliere il Vescovo che verrà a benedire il nuovo centro di preghiera e di vita cristiana”.

E’ molto interessante leggere la cronaca di questa grande giornata d’inaugurazione tratta dalla “Cronaca di Concesio” pubblicata sul Bollettino Parrocchiale dell’aprile 1952: “La sera delle Palme, accolto da immenso popolo osannante, al suono della Banda della Stocchetta, e purtroppo da un tempo maledetto (si vede che il diavolo rosso era poco contento…) venne tra noi il nostro venerato Vescovo per benedire e aprire finalmente al culto la Nuova Chiesa di Campagnola. Tutta la frazione era ornata a festa e splendidamente illuminata. Appena entrato nell’atrio Sua Eccellenza ricevette l’omaggio di una bimba biancovestita, che lo ringraziò a nome del popolo e gli disse tutta la gioia di quei buoni cristiani nel vedere realizzato il loro grande desiderio. Poi il Vescovo, vestiti gli abiti pontificali, procedette alla solenne benedizione e rivolse brevi parole incitando tutti a santificare la Casa di Dio con la frequenza alle funzioni, il devoto raccoglimento e la pietà più ardente. Quindi amministrò solennemente la S. Cresima a un centinaio di bambini e prima di partire, accettò gentilmente di benedire il piccolo opificio gestito dal sig. Damiani, esortando le operaie a santificare il lavoro quotidiano. La festa d’inaugurazione fu celebrata il 19 marzo, solennità di S. Giuseppe. Tutto il popolo accorse con entusiasmo alla prima Messa celebrata dall’Arciprete, e molti si accostarono alla S. Comunione. Alle 9 pontificò solennemente il Vicario Generale Mons. Pasini che tenne un magnifico discorso e i molti bravi cantori eseguirono la bella Messa dell’Amatucci. Chiuse la solenne giornata la suggestiva funzione serale, in cui dopo i Vespri l’Arciprete diede sfogo al suo cuore riconoscente verso S. Giuseppe che ha ispirato e aiutato il sorgere della Nuova Chiesa, sicuro che il caro Santo proteggerà il suo popolo e susciterà in tutti una vera gara di generosità per saldare prestissimo tutti i debiti. Poi al suono della musica fu estratta la famosa lotteria e congratulazioni ai fortunati vincitori. La nuova Chiesetta per tutto il giorno fu visitata da tutta la popolazione, felice di aver contribuito a un’opera tanto necessaria. Ammirato da tutti come insigni opera d’arte il quadro di S. Giuseppe con Gesù Bambino, dono e omaggio del nostro valente pittore Sig. Giuseppe Remida, a cui va la commossa riconoscenza della popolazione e clero”.

La chiesina, tanto desiderata dalla popolazione, venne intitolata a S. Giuseppe lavoratore, come già citato nelle cronache precedenti, e il 1 maggio venne scelto come data per festeggiare il Santo Patrono.

Don Cesare Rovetta fu il primo curato a prendersi cura delle anime di questa frazione. La sua abitazione venne collocata nelle stanze attigue alla chiesina. Egli curava solamente la Celebrazione Eucaristica infrasettimanale, la visita agli ammalati e l’amministrazione del Sacramento dell’Unzione degli Infermi, mentre la catechesi in preparazione alla Prima Comunione e alla Cresima, veniva svolta nell’oratorio collocato in piazza I maggio alla Pieve. Tutti gli altri Sacramenti si continuò ad amministrarli nella parrocchiale. La S. Messafestiva, era celebrata solamente nella chiesa pievana e a tutti era richiesta la partecipazione attiva e comunitaria per impedire il formarsi di gruppi privilegiati di fedeli. 

Nell’anno 2002, per volere del Parroco e del Consiglio Pastorale Parrocchiale, viste anche le precarie condizioni e le obsolete strutture esistenti, questo luogo ha subito un forte intervento di ristrutturazione perché divenisse più accogliente e rispettasse sia le norme liturgiche che quelle legislative dello Stato Italiano. Gli interventi principali sono stati effettuati sul riscaldamento, l’impianto di illuminazione, le finestre e il presbiterio. Per quest’ultimo va inoltre annotato lo spostamento in avanti dell’altare (che era ancora addossato alla parete di fondo) verso la navata centrale, la formazione di due semicerchi laterali, al termine del presbiterio, con la creazione di due graffiti raffiguranti a destra S. Giuseppe lavoratore e Gesù dodicenne nella bottega di Nazaret; a sinistra la Sacra Famiglia: la Vergine Maria tende verso S. Giuseppe il piccolo Gesù, opera dell’artista concesiano Sergio Taini. Tutta la chiesina è stata poi ridipinta con colori chiari e caldi che rendono ancor più invitante il luogo alla preghiera.